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TRIB. PERUGIA 25.09.2024 – FIDEIUSSIONI BANCARIE

LIBERAZIONE DEL FIDEJUSSORE BANCARIO – LA CLAUSOLA DEROGATORIA DELL’ART. 1957 C.C. STIPULATA PRIMA DELL’ANNO 2005, DEVE RITENERSI NULLA A PRESCINDERE DALLA PROVA DELL’ACCORDO ANTICONCORRENZIALI – IL CREDITORE DECADE DALLA GARANZIA SE NON ESERCITA LE PROPRIE AZIONI ENTRO IL SEMESTRE LEGALE DALLA SCADENZA DELL’OBBLIGAZIONE.

Sentenza commentata: Tribunale di Perugia, 25 settembre 2024, n. 1285, Dott. Contini

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Perugia ha confermato di aderire alla ormai prevalente lettura  della Cassazione a Sezioni Unite N. 41994/2021, che ha affermato la decadenza dell’Istituto di Credito dalla garanzia fidejussoria ex art. 1957 c.c., in relazione alla nullità della clausola derogatoria contenuta in accordo di garanzia stipulato in data anteriore al provvedimento Banca d’Italia del 2005.

Nel caso di specie, l’’opponente a decreto ingiuntivo, preteso garante, ha eccepito la nullità parziale delle fideiussioni sottoscritte, per essere le stesse conformi a modello ABI in violazione della legge n. 287/1990 e per avere la banca agito contro i garanti e il debitore principale oltre i termini di cui all’art. 1957 c.c.

Le fideiussioni in parola sono espressive di una intesa anticoncorrenziale vietata e, dunque, talune clausole – segnatamente quella di deroga all’art. 1957 – sono nulle e posto che il creditore non ha agito nel termine semestrale verso il debitore principale, ne deriva che i fideiussori non sono tenuti al pagamento.

È noto che le Sezioni Unite – nell’anno 2021- hanno affermato che l’inserimento di tale clausola nella disciplina pattizia delle fideiussioni è idonea a falsare il gioco della concorrenza, anche quando tale introduzione è unilaterale, cioè non sia espressiva di un previo accordo tra banche.

Lo specifico tenore delle clausole in parola è stato ritenuto lesivo della concorrenza, dal momento che dette clausole sono applicate in modo uniforme verso il pubblico; questa difesa ha sostenuto e dimostrato (e nulla di diverso è stato esposto o dimostrato dalla controparte) che detta clausola fosse utilizzata di regola sin dal 1964 (con diversa formulazione) e poi dal 1987 (con la formulazione attuale).

Lo stesso provvedimento della Banca d’Italia espone che le clausole erano espressione di una ‘consolidata prassi bancaria preesistente’, dunque è la stessa autorità amministrativa che lascia intendere come tali clausole fossero ampiamente diffuse in esito di una prassi di settore.

Quello che rileva, e su cui è determinante, invece, il portato della sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte, è che deve ritenersi irrilevante il fatto che tale prassi sia o meno espressiva di un comportamento concertato, cioè di una intesa bilaterale o plurilaterale, essendo invece sufficiente che un operatore di mercato faccia uso di tali clausole nei rapporti con la clientela in modo uniforme.

Questa difesa ha prodotto in corso di causa numerosi modelli conformi di altri primari Istituti di credito e, in ogni caso, quanto alla Banca interessata dal contenzioso, le clausole erano presenti su tutti i modelli di fidejussione in atti.

Ne deriva, quindi, che nel caso di specie deve ritenersi dimostrato che la Banca in questione facesse abitualmente uso di tali modelli di fideiussione, e che le clausole in questione fossero idonee a falsare la concorrenza: ne deriva che tali clausole sono nulle ed in particolare è nulla la clausola di deroga all’art. 1957 c.c.

Poiché è pacifico che il creditore non ha agito entro i sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, gli opponenti non sono obbligati ad onorare il debito e, quindi, il decreto ingiuntivo va revocato, con assorbimento di tutte le altre questioni e condanna dell’opposta alla rifusione delle spese di lite.

Avv. Nicola Tondini

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